Per il lessico della Treccani, anarchia è sinonimo di «disordine, confusione, stato di un luogo dove ciascuno agisce a suo arbitrio e senza ordine o regola». Il dizionario Garzanti non è meno drastico: l’anarchia è una «situazione di disordine conseguente alla mancanza o alla insufficienza dei poteri governativi».
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L’assimilazione della parola Anarchia a disordine/confusione è ripresa da tutti i dizionari; tuttavia, essi si limitano ad avvallare il senso che, nel linguaggio corrente, questo termine ha finito con l’assumere. Mentre invece, e siamo in presenza in questo caso di un classico ribaltamento del significato originale del termine, basta riallacciarsi alla sua etimologia per rendersi conto che anarchia (an-archos) significa «senza un capo», dove archos indica non solo il «capo, il comandante, il sovrano» ma implica anche un rapporto gerarchico, poiché, a sua volta, archos deriva da archein (rapporto di grado).
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Anarchia dunque significa «senza un capo, un comandante, un sovrano» e comporta di conseguenza il rifiuto di ogni gerarchia, di ogni sistema chiuso, di ogni principio d’autorità, di ogni delega di potere decisionale. Logica conseguenza: l’anarchico è colui che rifiuta le condizioni associate al potere e a chi lo esercita: violenza e oppressione, arbitrio e distruzione.
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Anarchia non è dunque sinonimo di disordine e di confusione, e meno ancora di arbitrarietà e di mancanza di regole (queste condizioni sono piuttosto il frutto dell’esercizio del potere, che si oppone all’individuo e alla collettività). Al contrario, anarchia implica un ordine superiore, fondato sull’armonia e l’amore. Un ordine che ogni individuo deve scoprire da solo e per se stesso, e nell’unico modo possibile: vivendo il rifiuto del principio di autorità e negando ogni modello precostituito.
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