giovedì 24 settembre 2009

No nukes


Le esplosioni atomiche hanno due tipi differenti di effetti, immediati e ritardati. Tra gli effetti immediati c’è la distruzione totale di ogni forma di vita esistente in un raggio abbastanza ampio dal punto dell’esplosione causata dalle enormi temperature provocate dall’esplosione, dall'onda d’urto della stessa e dalla continua esposizione alle radiazioni. Gli effetti ritardati sono molto gravi e sono causati dagli isotopi radioattivi che vengono fuori dall’esplosione. Gli isotopi, infatti, impregnano il suolo per anni come è successo nell’atollo di Bikini, dove due bombe atomiche francesi sperimentali sono state fatte esplodere nel 1946.
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La storia del nucleare francese inizia nel 1958 con la decisione dell’allora presidente Charles de Gaulle di attrezzare l’esercito con la ormai famosa Force de frappe (letteralmente forza d’urto) ossia con una forza nazionale di dissuasione nucleare. Successivamente il 13 febbraio del 1960 la Francia fa esplodere nel deserto algerino la prima bomba atomica. Questa filosofia che ha ispirato la politica interna ed estera francese (dei governi di destra e di sinistra) fino ai nostri giorni aveva alla base (in tema di guerra fredda) la considerazione che le armi nucleari costituissero un deterrente contro la guerra: e per dirla con le parole di de Gaulle”penso che non attaccano persone che sono in grado di uccidere 80 milioni di russi”. La conseguenza è che in Francia il nucleare militare e quello civile son sempre stati intimamente legati e che quest’ultimo ha goduto di una gran copia di finanziamenti pubblici. La legislazione del settore è stata, per scelta politica, mantenuta molto carente per cui risultava impossibile per le comunità locali contestare giuridicamente le dislocazioni degli impianti che potevano proliferate senza significativi ritardi. Perciò oggi la Francia conta sul suo territorio ben 59 reattori nucleari sui 440 in funzione e (unico paese al mondo) produce con fonte nucleare il 76% del fabbisogno energetico nazionale. Questi dati evidenziano certamente un gran successo scientifico organizzativo che ha portato aziende francesi (AREVA ed EDF) al top della graduatoria mondiale del settore. Ma con tali numeri sarebbe lecito attendersi un costo dell’energia elettrica tra i più bassi del globo ed emissioni di anidride carbonica in atmosfera a valori più che contenuti. La realtà però non è questa. Il costo dell’elettricità, seppur contenuto, non è tra i più bassi ed il trend è in netta crescita. Le emissioni di CO2 sono praticamente invariate dal 1990 e nel 2007 sono aumentate del 10%. Inoltre il prezzo contenuto dell’energia non ha comportato un aumento della competitività dell’industria francese tant’è che nel 2007 il deficit delle importazioni ha sforato il tetto record dei 40 miliardi di euro ed il basso costo della corrente elettrica ha favorito soltanto dannose abitudini senza incrementare lo sviluppo di fonti energetiche alternative. A tutto ciò va anche aggiunto che la maggior parte degli impianti nucleari francesi sono prossimi allo spegnimento (con gravosi oneri economici di dismissione) e che la loro costruzione è stata per la maggior parte finanziata da fondi pubblici.
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