martedì 25 agosto 2009

Le sei del mattino


Tutto, si sa, la morte dissigilla.
E infatti, tornavo,
malchiusa era la porta
appena accostato il battente.
E spento infatti ero da poco,
disfatto in poche ore.
Ma quello vidi che certo
non vedono i defunti:
la casa visitata dalla mia fresca morte,
solo un poco smarrita
calda ancora di me che più non ero,
spezzata la sbarra
inane il chiavistello
e grande un’aria e popolosa attorno
a me piccino nella morte,
i corsi l’uno dopo l’altro desti
di Milano dentro tutto quel vento.
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da Gli strumenti umani di Vittorio Sereni
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Vittorio Sereni
Nasce a Luino nel 1913. Vive a Brescia dal 1924 al 1933 e quindi a Milano, dove si laurea con una tesi su Guido Gozzano nel 1936. Tra i suoi compagni di studi, ci sono figure intellettuali importanti come Enzo Paci, Luciano Anceschi, Raffaele De Grada, Remo Cantoni, la poetessa Antonia Pozzi. Durante la guerra è ufficiale di fanteria e nel ’43 viene fatto prigioniero dagli alleati presso Trapani: rimarrà per due anni in campi di prigionia di Algeria e Marocco. Torna in Italia nel 1945, dedicandosi dapprima all’insegnamento, poi lavorando all’Ufficio Stampa della Pirelli, quindi, a partire dal ’58, alla Mondadori come direttore letterario. Muore a Milano nel 1983.La sua opera, tra le più rilevanti della poesia italiana del Novecento, comprende quattro tempi ben distinti. Il primo è quello dell’esordio, con Frontiera (1941, poi, accresciuto e con il titolo di Poesie, 1942), nel quale un forte senso del reale e delle cose si manifesta in un vitale desiderio di canto piano e smorzato, vocazionalmente lontano da ogni possibile interferenza retorica. Una dolcezza spesso incrinata di malinconia percorre questi versi di grande trasparenza comunicativa, di appassionata levità di pronuncia, che lasciano peraltro intuire le ulteriori potenzialità della sua poesia. Diario d’Algeria (1947), seconda fase della sua opera, su fonda su una traumatica esperienza: quella della seconda guerra mondiale. Il poeta si trova a viverla nella marginalità della sua situazione di prigioniero, nella sofferta impossibilità di essere coinvolto in modo attivo e dalla parte giusta. Tra i caratteri di maggior pregio di quest’opera è la capacità di esprimere il proprio sentimento di sofferta presenza consapevole, in una vicenda tragica, attraverso la grande limpidezza e la nobile semplicità della lingua e dello stile, nella totale assenza di enfasi, nella perfetta sovrapposizione tra realtà personale e realtà storica. Dopo un lunghissimo silenzio, Sereni introduce ulteriori, vistose novità nel suo terzo libro, Gli strumenti umani (1965), dove il confronto con la realtà diviene pieno coinvolgimento, mutando profondamente il linguaggio, il tono, la sintassi espressiva. La tenuità lirica, vagamente petrarchista, degli esordi, del tempo giovanile di Frontiera, parzialmente conservata nel Diario, è cosa ormai lontana. La lingua poetica di Sereni, negli Strumenti, rasenta ormai la prosa; e prosastiche, anche, divengono maggiormente le situazioni proposte. Il singolo testo si amplia, tende ad assumere un andamento in parte narrativo, nel quale si verificano anche fratture interne, fenditure improvvise, sospensioni. L’attenzione al presente si sposta anche sulla realtà sociale e sulle sue problematiche, mentre riemergono fantasmi del conflitto in un contesto complessivo ricchissimo di articolazioni interne, sempre sorrette da una forte tensione morale. In questo senso l’opera di Sereni si conferma pienamente, e se possibile trova ulteriori possibilità di dilatazione e nuove risorse di energia, nel poemetto Un posto di vacanza (1973) - poi confluito nella quarta e ultima raccolta, Stella variabile (1981) – dove il poeta riflette anche, per la prima e unica volta, in versi, sulla condizione stessa dello scrivere, del testimoniare scrivendo. La raccolta completa - come la precedente molto attesa dopo un lunghissimo periodo di silenzio, interrotto da apparizioni parziali, da alcune plaquettes – rivela una tenacemente opaca e potente fisionomia prosastica, spesso gravata di cupi pensieri, da pensierini morte, eppure sempre decisamente orientata verso un’opzione positiva nei confronti della vita, pur nella piena e inquieta consapevolezza della umana provvisorietà. L’opera di Vittorio Sereni comprende anche le prose de Gli immediati dintorni (1962; ed.accresciuta 1983) e Il sabato tedesco (1980, comprendente L’opzione, La pietà ingiusta e, appunto, Il sabato tedesco). Le sue traduzioni poetiche sono comprese nel volume Il musicante di Saint-Merry e altri versi tradotti (1981).
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