mercoledì 24 marzo 2010

Gli squadroni della morte - Brasile


Ho dieci anni. Sono lontano da casa. Dormo in uno shopping center della città. Di notte, attorno a mezzanotte, la polizia militare viene e ci porta dentro... Ci picchia, ci fa mangiare scarafaggi ed escrementi, ci butta addosso dell'acqua bollente, ci picchia con dei bastoni sulla testa e ci fa ogni tipo di cosa...
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E' molto difficile oggi stimare il numero dei bambini di strada nel mondo: si parla di 100-150 milioni, ma potrebbero essere molti di più.
Alcuni lavorano in strada ma vivono per lo più in famiglia, altri tornano a casa occasionalmente e molti altri non hanno più legami con la loro famiglia da anni perché ne sono fuggiti, sono stati abbandonati o sono rimasti orfani.
I meninos de rua sono uno dei tanti drammatici e contradditori aspetti del Brasile di oggi e del grave problema, ormai diffuso un po' in tutto il mondo del "maltrattamento" e dei soprusi perpetrati nei confronti dei minori. In Brasile ci sono circa 36 milioni di bambini che si dibattono nella povertà; di questi 7 milioni sono 'meninos de rua'.
Non hanno casa, non hanno famiglia, non hanno diritti. Sono un disturbo per la società, che ne ha paura. Dormono per le strade di Rio, sotto i ponti dei raccordi di cui è piena questa immensa città, negli angoli più bui. Giocano con un pallone di pezza a Copacabana. Scappano quando vedono qualche poliziotto. Sono bambini che hanno anche solo 5-6 anni e quasi tutti lavorano per sopravvivere o chiedono l'elemosina.
Sniffano colla per attenuare i crampi della fame, commettono piccoli furti, si prostituiscono. Diventano facile preda della delinquenza organizzata, di narcotrafficanti senza scrupoli, che li cerca e li assolda con facili promesse.
Una crudele risposta a tale degradazione è stata la costituzione dei cosiddetti "squadroni della morte". Queste formazioni paramilitari sono assoldate e sostenute quasi sempre dai negozianti o dalle compagnie (per esempio quella dei Trasporti di Rio), preoccupate di difendere la propria sicurezza e mantenere l’ordine. I “justiceiros” hanno iniziato a sostituirsi allo Stato sin dal 1950.
Ne fanno parte poliziotti, ex poliziotti, o killer professionisti. Una specie di servizio pubblico, parole loro, tanto che qualcuno lavora per soldi e qualcun altro lo fa solo "per rendere un favore alla società", come ha detto Silvio Cunha, presidente dell'Associazione dei Commercianti di Rio.
Per essere giustiziati non c'è bisogno di essere coinvolti nel narcotraffico. Basta commettere un furto, non pagare il biglietto dell'autobus, rispondere male ad un poliziotto ed ostacolarlo nel suo lavoro, per essere freddati per strada. Alle volte si è prima costretti ad ingerire veleno per topi, poi si è torturati o violentati, e gettati nelle discariche o fatti a pezzi per evitare di essere identificati.
Si calcolano 12 omicidi al giorno.
Anche i poliziotti che non "lavorano" negli squadroni, ma ad esempio fanno parte del gruppo dei “Cavalieri Neri” con alcuni agenti penitenziari, usano gli stessi metodi. L'unica differenza è che non sparano alla testa, una specie di marchio di fabbrica dei “justiceiros”.
Un altro bersaglio privilegiato degli squadroni della morte sono i contadini del movimento Sem Terra, i senza terra. Questo movimento fondato negli anni Ottanta, sostiene oltre 57mila famiglie che hanno occupato terre incoltivate in 23 stati. Negli ultimi 10 anni sono stati uccise oltre mille persone dagli squadristi della morte, spesso assoldati dai latifondisti. Anche in questi casi la connivenza della polizia militare con gli assassini è palese. Anzi, spesso la stessa polizia diviene il braccio armato degli squadristi. Come accadde il 17 aprile 1996 nello stato di Pará, quando la polizia uccise 19 contadini appartenente ai Sem Terra mentre manifestavano pacificamente.
Il presidente brasiliano Lula, nel 2003, per far fronte all’emergenza “squadroni della morte”, ha chiesto l’intervento di un inviato dell’Onu, scontrandosi con la Corte Suprema Locale, che ha poco gradito l’ingerenza dell’Onu, adducendo il fatto che il Brasile vedrebbe in questo un’intromissione che ridurrebbe la propria sovranità nazionale. La situazione è davvero complessa. Come ha constatato l’inviata dell’Onu si tratterebbe di incriminare i "tutori della legge", stipendiati dallo stato, che godono di forti appoggi a livello locale, spesso legati a criminali potenti.
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