martedì 9 febbraio 2010

la guerra dell'oppio (2/5 - tentativi diplomatici)


Primo e principale desiderio dell'Inghilterra era quello di aprire con la Cina un normale e riconosciuto canale di comunicazione che non fosse quello di vassallaggio e tributi, non ristretto, nell'ipotesi migliore, a quello di mercanti, ospiti temporanei, controllati dai mercanti cinesi autorizzati agli scambi. Ma queste erano le uniche formule giuridiche accette alla corte di Pechino. I tentativi inglesi, ripetuti fin dal sec. XVIII, di cambiare la situazione erano andati falliti. C'erano inoltre da chiarire altri problemi che concernevano alcune pratiche penali cinesi, quali arresto arbitrario, tortura e pene corporali, inammissibili per il diritto anglosassone; solo per un modus vivendi non concordato, le autorità cinesi lasciavano spesso che i "capi" stranieri trattassero le cause penali dei loro connazionali. Non era poi previsto nessun modo per i mercanti stranieri di riscuotere i debiti contratti dai colleghi cinesi per prestiti o altro.
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Nel luglio 1834 Lord Napier arriva a Macao e poi a Canton. Ignora molti requisiti del protocollo cinese e soprattutto si comporta da "ambasciatore", non richiesto né approvato dai cinesi, e non da "capo" dei mercanti inglesi. Nasce qualche incidente, ma il momento serve solo da sintomo dell'incomprensione reciproca tra due mentalità di rapporti internazionali; per i cinesi questi non possono ancora aver altra forma che quelli di un vassallo verso l'imperatore di Cina.
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Nel 1837 Charles Elliot, che è diventato il nuovo "sovrintendente" inglese, cerca con più tatto di trattare alla pari con il governatore generale di Canton; ma per ottenere solo rimproveri per osare tanto e un rinnovato rifiuto.
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