giovedì 3 settembre 2009

Le mie sei del mattino


Maya Kulenovic - Napalm
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Sono le sei e mezza.
Immerso nel mio limbo, avverto intollerabile questo preludio al giorno.
Un sole tiepido imbianca la polvere dei vetri.
Il cielo è asettico, velato di bianco.
Un’altra inutile giornata da vivere.
Il sole illumina pigro sudice brume biancastre, sospese nell’aria sopra il quartiere per poi trasudare nella mia stanza, misero, slavato a buttare sul mio tavolo quattro riflessi sbiaditi e falsi.
Il pc chiuso è tinto d’una vernice dorata che a tutta prima attrae lo sguardo con un’apparenza di gaiezza: ma appena lo si guarda la vernice si liquefa e non rimane che una grande stria pallida su un rettangolo nero.
Amo i cieli estivi ma oggi avrei bisogno di un cielo chiuso, nero di pioggia, che si spinga contro i vetri, come un viso disperato e infelice e invece questo cielo e questo sole sono tutto meno che disperati. Tutto intorno cade una luce avara e ragionevole, simile allo sguardo che si getta dopo una notte insonne, sulle decisioni che si sono prese con entusiasmo il giorno prima.
Un giorno perfetto per un ritorno su se stessi: questi ambigui chiarori che il sole stempera in un giudizio universale senza indulgenza sulle creature, entrano in me attraverso gli occhi, mi sento rischiarato dentro da una luce avvilente.
Nel giro di un quarto d’ora potrei raggiungere il supremo disgusto di tutto.
Rimango seduto con le braccia penzoloni ma è tardi devo andare, sbadiglio e apro la porta, esco intenzionato a limitare i danni, intenzionato a giocare in difesa fino all’arrivo della sera.
Quando sarà buio, gli oggetti ed io usciremo dal limbo.
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