mercoledì 16 settembre 2009

Gli invisibili


Percorso il lungo corridoio arrivammo pressochè insieme all’ascensore. Mi girai e dopo uno scambio di sguardi acquosi dissi:
- Buonasera.
- Buonasera. Rispose la signora da dietro gli occhiali.
L’ascensore arrivò con una lentezza da riportare alla mente la più celebre delle sbornie.
Girai il pomello e poi aprii le porte interne facendo così strada alla mia compagna di percorso.
- Prego.
- Grazie.
- Che piano?
- Quarto… quarto. Ribadì con un tono di leggero rimprovero.
Era chiaro, la delusione era dovuta al fatto che anch’io abito al quarto piano e non l’avevo minimamente riconosciuta.
Mentre l’ascensore saliva pensavo: cazzo sono dieci anni che abito qui come è possibile che non abbia riconosciuto una delle altre tre persone che abitano sul mio stesso pianerottolo? Cos’è che le conferisce di diritto questa patente di “invisibile”?
La domanda era semplice la risposta doveva esserlo altrettanto. E allora mi misi a studiare la donna cullato dal rollio della cabina che saliva dolcemente.
Il primo carattere a saltare all’occhio era l’aspetto anonimo sia nel vestire che nei modi, il tutto sostenuto da un viso indifferente.
Poi direi la poca propensione al dialogo; lì in un angolo, lo sguardo falsamente assente che ispezionava l'architettura dello scatolone che saliva, decisamente avulsa, sicuramente indifferente.
Vabbè, conclusi, tutto sommato non mi dispiacerebbe essere così. "Tranquillo" mi risponde una vocina nella mia testa: "Sicuramente arriverà anche per te il momento di conseguire questa patente d’invisibilità".
Certo... alieno lo sono già, bisognerà giusto aspettare che il tempo l’abbia vinta su questa incontenibile, estatica bellezza.
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