giovedì 25 febbraio 2010

Caravaggio dipingeva con l'ausilio delle lucciole


Caravaggio - Davide con la testa di Golia (1606-1607)
Olio su tela - 90,5 x 116 cm - Vienna, Kunsthistoriches Museum, Gemäldegalerie
la testa mozzata di Golia sarebbe un autoritratto del pittore
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E' questa l'affascinante scoperta della studiosa Roberta Lapucci, capo dipartimento del settore conservazione dell'Università americana Saci di Firenze, scopritrice delle tecniche sperimentate da Caravaggio che, per cogliere appieno le potenzialità della luce, aveva trasformato il suo studio romano in una gigantesca camera ottica.
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La nuova scoperta di Roberta Lapucci è stata illustrata dal mensile 'Stile arte' in edicola in questi giorni. Caravaggio, secondo lo studio della Lapucci, aveva messo a punto una ricetta a base di coleotteri luminosi distillati e seccati, dalla quale ricavava una polvere, già nota a Giovan Battista della Porta, quando nel 1558 scrisse il suo Naturalis Magiae.
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L'artista aveva fatto realizzare un buco nel soffitto del suo studio per consentire la penetrazione della luce che, attraverso l'uso combinato di uno specchio concavo e di una lente biconvessa, proiettava sulla superficie della tela l'immagine del soggetto messo in posa. Ma i mutamenti di luminosità e quelli dei modelli, secondo la Lapucci, obbligavano il maestro a multi-proiezioni, risolte nel dipinto alla stregua di un puzzle. Caravaggio, secondo lo studio, affinò progressivamente il suo metodo, realizzando assemblaggi sempre più sofisticati e migliorando gli esiti di profondità spaziale, anche grazie alle lucciole. Le ultime analisi dimostrano, infatti, la presenza di materiali fotosensibili nei suoi quadri, quali argento, arsenico, magnesio, zolfo e iodio.
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L'uso di tali sostanze avrebbe consentito al pittore di fissare temporaneamente l'immagine sulla tela, consentendogli di lavorare al buio. Così Caravaggio sarebbe riuscito a ottenere una riproduzione ferma e monocroma simile ad una fotografia, evitando gli incresciosi inconvenienti dovuti al movimento della proiezione. Avrebbe perciò utilizzato un abbozzo a base di biacca e distillato di lucciole per tracciare le linee essenziali della composizione, che all'interno della camera ottica avrebbe prodotto un effetto fluorescente.
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