mercoledì 23 dicembre 2009

La strage di Natale


E' il 23 dicembre 1984. Tutti si stanno preparando per gli imminenti festeggiamenti del Natale. Molti, dopo una lunga giornata di lavoro, stanno tornando a casa dai loro cari. Tanti sono saliti sul rapido 904 che percorre la linea Firenze-Bologna in direzione nord. Le valige sono dappertutto, perfino dentro i bagni, così come i pacchetti regalo. Il treno ha un lieve ritardo, ma tutto sembra procedere tranquillo. Alle 19.08 il convoglio ferroviario imbocca il tunnel della Grande Galleria dell'Appennino, tra Vernio e San Benedetto Val di Sambro. Il treno sta avanzando a 150 km all'ora. Pochi istanti dopo accade l'inferno. Una bomba radiocomandata, posta al centro del convoglio sulla griglia portabagagli della carrozza numero 9 di 2ª classe, esplode. Lo scoppio provoca 17 morti, tra i quali anche la dodicenne Federica Taglialatela alla quale sarà dedicata una canzone, e 267 feriti. Saranno i giornalisti a ribattezzare questo attentato con il nome di "strage di Natale".
Il controllore Gian Claudio Bianconcini prova subito a chiamare i soccorsi da un telefono di servizio e, sebbene ferito da alcune schegge alla nuca, aiuta i passeggeri, stremati dal freddo e dalle lesioni. Bianconcini è al suo ultimo giorno di lavoro. I soccorsi arrivano dopo un'ora e mezza con una vettura elettrodiesel. La linea elettrica è stata tranciata dall'esplosione. I feriti più gravi vengono portati all'Ospedale Maggiore di Bologna da una quindicina di ambulanze predisposte, mentre i feriti leggeri vengono curati sul posto, nonostante i gravi disagi causati dal freddo e dal buio. Ma chi c'è dietro questo attentato e qual è il motivo scatenante?
Dopo un anno di perizie sul materiale del rapido, vengono arrestati due uomini: Guido Cercola e Giuseppe Calò, detto Pippo, vicini agli ambienti della mafia, della camorra e persino della banda della Magliana. I giudici di Firenze scrivono che la strage sarebbe stata suggerita "con lo scopo pratico di distogliere l'attenzione degli apparati istituzionali dalla lotta alle centrali emergenti della criminalità organizzata che in quel tempo subiva la decisiva offensiva di polizia e magistratura per rilanciare l'immagine del terrorismo come l'unico, reale nemico contro il quale occorreva accentrare ogni impegno di lotta dello Stato".L'11 maggio 1985 viene localizzato, a Poggio San Lorenzo nei pressi di Rieti, il covo dei malviventi: vengono ritrovate due valigette piene di cavi, antenne e ricetrasmittenti. Il 9 gennaio 1986, il pubblico ministero Pierluigi Vigna imputa a Cercola e Calò la strage di Natale.
In Italia, gli anni '80 sono anni difficili: nel 1984 il PCI diventa il primo partito italiano, mal visto dagli ambienti Usa e NATO, e i servizi segreti vengono di nuovo coinvolti nello stragismo.L'iter processuale per i fatti del rapido 904 è lungo e complesso. Il 25 febbraio 1989, quattro anni dopo l'accaduto, la Corte d'Assise di Firenze condanna all'ergastolo Calò, Cercola e altri personaggi legati ai due, Alfonso Galeota, Giulio Pirozzi e il boss del rione Sanità Giuseppe Misso. Il 15 marzo 1990, con il secondo grado, viene confermato l'ergastolo per Calò e Cercola, mentre gli altri tre vengono assolti per il reato di strage e condannati per detenzione illecita di esplosivo. Il 5 marzo 1991 la 1ª sezione della Corte di Cassazione presieduta dal discusso giudice Corrado Carnevale annulla la sentenza di appello, rinviando di nuovo a giudizio gli imputati presso un'altra sezione della Corte d'Assise di Firenze. Il 14 marzo 1992, Misso si vede commutata la condanna a soli tre anni.Il 3 gennaio 2005, Guido Cercola si suicida nel carcere di Sulmona, soffocandosi con dei lacci nella sua cella. Nonostante i colpevoli siano stati arrestati, la "strage di Natale" ha ancora tanti lati in ombra che forse mai vedranno la luce.
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