venerdì 13 novembre 2009

Gesualdo da Venosa


Il principe Carlo Gesualdo nacque l'8 marzo 1566. Seguì a Napoli severi studi ai quali fu avviato dal padre. All'età di diciannove anni Gesualdo pubblicò il primo mottetto Ne reminiscaris, Domine, delicta nostra (Perdona, Signore, i nostri peccati), dimostrando fin da giovane una passione enorme per la musica tale da farlo divenire uno dei più illustri madrigalisti di ogni tempo, apprezzato in tutto il mondo. Grande appassionato di caccia, fu musicista raffinatissimo, innovatore ed eccezionale precursore della musica moderna "onorato e ossequiato dagli uomini di cultura di mezzo mondo". Nel 1586 sposò la cugina Maria d'Avalos. Carlo aveva vent'anni e Maria ventiquattro. Dal matrimonio nacque Emanuele.
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Un giorno Maria conobbe il duca d'Andria e conte di Ruvo Fabrizio Carafa di cui si innamorò, benché questi fosse sposato con Maria Carafa e padre di quattro figli. I due superavano ogni ostacolo pur di incontrarsi e non seppero uscire dal ruolo di amanti predestinati. In questo modo l'alto senso dell'onore col martirio ne esce invitto e incontaminato, compreso quello del Gesualdo. Quindi gli amanti continuano ad incontrarsi, perfino in casa Gesualdo, nell'attesa di una vendetta che ormai entrambi sanno covata e meditata dal principe. Infatti, il 16 ottobre 1590 il principe avvertì Maria che, insieme ad alcuni suoi servi, sarebbe andato a caccia nel bosco degli Astroni, restando lontano due giorni. Era solo l'ultima parte di un piano già preparato in ogni minimo dettaglio. Nella notte fra martedì 16 e mercoledì 17 ottobre 1590 i due amanti vennero colti in flagrante adulterio nella camera da letto di Maria e barbaramente trucidati.
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Alla violenza omicida Carlo fu, probabilmente suo malgrado, indotto; e, più che dal risentimento personale, da interessate delazioni che gli imposero l'obbligo di vendicare, col sangue, l'offesa fatta al suo nome. Le circostanze lo giustificavano dal punto di vista della legge e del costume del tempo; tanto che il viceré Miranda, dal quale Carlo si recò immediatamente a dare notizia personalmente dell'accaduto, lo esortò ad allontanarsi da Napoli non per sfuggire alla legge, ma per non esasperare il risentimento delle famiglie degli uccisi. Carlo fuggì da Napoli e si rifugiò nell'inaccessibile ed inespugnabile castello-fortezza di Gesualdo. Il processo venne archiviato il giorno dopo la sua apertura "per ordine del Viceré stante la notorietà della causa giusta dalla quale fu mosso don Carlo Gesualdo Principe di Venosa ad ammazzare sua moglie e il duca d'Andria" Carlo rimase a Gesualdo finché non si fu accertato che il risentimento delle famiglie dei d'Avalos e dei Carafa si fosse sedato. In questo periodo, per sentirsi sicuro da eventuali attacchi di forze nemiche, per avere un orizzonte più libero e vasto, si ritiene che abbia ordinato il taglio del bosco di querce e di abeti che ammantavano di verde la collina prospiciente il castello. Tutto ciò non gli restituì la serenità che oramai avrà perso per sempre, perché non c'è nessun testimone così terribile, nessun accusatore così implacabile come la coscienza che abita nel cuore di ogni uomo.
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