venerdì 27 novembre 2009

elogio del pessimismo e del vissuto depressivo?


Penso che le persone siano costantemente bombardate da concetti che falsano irrimediabilmente il corso della loro vita, idealizzando miti in cui tutto dovrebbe durare: la giovinezza e così arrivano alla chirugia plastica, alle creme... ai miracoli, il rapporto con il compagno/a e così arriva il contratto del matrimonio o della convivenza con la falsa idea del non-impegno, la sicurezza economica e così si cerca un posto fisso di lavoro o dall'altra parte le ansie e le nevrosi dell'imprenditore, la sicurezza dei beni utilizzati ed ecco che vengono propagandati oggetti venduti come sempre più idonei e indispensabili nella loro efficienza e garanzia, avendo però in sé l'obsolescenza e la senescenza finemente programmate e così abilmente celate dal messaggio pubblicitario.
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Tutto questo appartiene a quell'universo di pressioni che racconta la sempre più emergente schizofrenia di questo mondo, mentre pensandoci bene l'unica certezza dal momento in cui emettiamo il primo vagito riguarda il fatto che quel vagito, prima o poi, terminerà. La morte è inevitabilmente inscritta nella vita, la fine nell'inizio, il termine nella durata.
A questo punto se mi trovassi a parlare con persone fisiche i più mi direbbero di farla finirla con questi discorsi e che il sole splende, la vita è bella o che non è il caso di dire certe cose, e così tutto tenderebbe a venire sdrammatizzato nello scherzo e nella battuta di spirito.
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Ma non ci siamo proprio, nulla di tutto questo è a mio modo di vedere più distante dalla vita! Nulla è più distante dalla vita, del continuo cercare di affermare, in modo più o meno consapevole, la negazione della morte.
La morte in questo discorso assume un valore che va ben oltre il senso biologico della morte fisica o del decadimento del corpo, per intenderci e allude al perenne mutamento e alla continua trasformazione, al cessare di un certo modo di essere per darne luogo ad un altro. Questa è la vita, un continuo divenire di tante ed infinite piccole morti. Morte che in tal modo acquista tutto il suo valore contrario nel riempire di senso la vita, altrimenti svuotata e inaridita dall'inutile gioco di atteggiamenti che vogliono solo compiacersi nell'analisi del proprio io, del voler appropriarsi di uno stato, di un bene, di un dominio dell'essere, nel tentativo di produrlo e mantenerlo all'infinito o, per lo meno, quanto più a lungo è possibile.
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