martedì 6 ottobre 2009

I Pietrificatori: Raimondo de Sangro, principe di Sansevero


Tra i primi pietrificatori, o forse per primo, è d'obbligo citare, anche se indebitamente, il celebre principe che visse a Napoli nella prima metà del Settecento: militare, artista, stampatore, ingegnere, massone, forse alchimista. Multiforme inventore di fuochi artificiali, carrozze acquatiche e mantelli impermeabili, pare che avesse anche riprodotto il miracolo di San Gennaro, grazie una sostanza che si scioglieva come il famoso “sangue”. I Gesuiti non glielo perdonarono mai; ma tra Gesuiti e Massoni è sempre corso - è il caso di dirlo - cattivo sangue.Appena prima che i Gesuiti convincessero il re Carlo III a vietare la Massoneria, Raimondo de Sangro se ne tirò fuori, ritrattando la sua fede massonica. Molti massoni lo considerarono un traditore, ma il re, che in fondo lo ammirava molto, si limitò a dare loro una solenne ammonizione.A Napoli sorge la Cappella Sansevero, uno dei capolavori del tardo barocco, ricolma di statue meravigliose e allegoriche, e di simboli poco decifrabili.Ai nostri scopi, interessano alcuni pezzi. Uno è il celebre Cristo velato del Sanmartino (nella foto): la statua di un corpo umano disteso, coperto da ciò che sembra un velo, o un sottile telo bagnato, con un incredibile effetto di trasparenza.Tanto incredibile, che qualcuno sostenne che non era stata ricavata da un unico frammento di marmo, ma che il Principe avesse commissionato allo scultore solo il corpo, e poi lo avesse coperto con un vero telo, impregnato di sostanze pietrificanti, che avrebbe in breve tempo costituito un unico blocco col marmo sottostante.Gli studiosi seri non prestano credito a queste leggende. Infatti esistono i bozzetti di preparazione della statua, già completi di lenzuolo; inoltre nella stessa cappella si trova una seconda statua velata: la Pudicizia del Corradini, scultore che ne produsse anche altre. In pratica, si tratta di uno strabiliante virtuosismo barocco.Altri pezzi famosi sono le Macchine anatomiche , che si trovano nel sotterraneo della Cappella, dentro due armadi di vetro. Si tratta di due scheletri umani, uno maschile e uno femminile, sui quali è stato ricostruito tutto il sistema circolatorio, arterioso e venoso. Stanno . Naturalmente attorno a queste impressionanti Macchine (esposte in posizione eretta, con occhi di vetro, simili a due zombie) sono fiorite leggende orribili: per esempio che il Sansevero le avesse ottenute iniettando nelle vene dei suoi servi – addirittura ancora vivi - una misteriosa soluzione metallizzante. Non sono mai state analizzate chimicamente, ma l'opinione comune è che si tratti di modelli realizzati, sopra due scheletri autentici, con filo di ferro, spago e cera. I piccoli vasi non hanno ramificazioni ma sono un ammasso di fili, e nei vasi grandi si vedono screpolature e altri indizi di artificialità.In realtà, le macchine anatomiche non furono costruite da lui, ma il suo medico di fiducia, Giuseppe Salerno.
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