martedì 29 settembre 2009

Il soldato dell'esercito di terracotta


La villa dove abitava Michela era una costruzione sontuosa. Per la festa le avevano messo a disposizione tutto il piano interrato: un salone enorme con tappeti, divani, cuscini e luce diffusa.
Suonato il campanello mi venne ad aprire Barbara, l’amica del cuore di Michela, un fagocero di 120 kg al quale ero profondamente antipatico e infatti girandosi verso la sala, disse:
- E' er chimera, ora siamo tutti!
Eh già, “il chimera…”, un soprannome che la dice lunga sull'alone d'alieno che mi circondava già allora.
Entrai attento a bagnare il meno possibile il pavimento. Mentre mi pulivo la suole delle scarpe Michela mi venne incontro e mi porto dentro.
L'aria pesante, carica di umori umani e dell'odore dolce del cibo diceva che la festa era entrata da tempo nel vivo. In alcune zone d’ombra armeggiavano coppie consolidate e altre di nuova costituzione.
Una musica ipnotica fendeva l’aria.
- Prendi qualcosa?
- No, grazie, casomai dopo. Adesso ti và di ballare?
E mentre le prendevo la mano mi chiese:
- Andata bene la partita?
- Bah, niente di chè. Risposi distrattamente come se in fondo avessi solo asservito ad un impegno fastidioso.
Ci stringemmo.
A diciassette anni questi incontri ravvicinati provocano reazioni pressocchè istantanee. Una volta appurato che la cosa era particolarmente gradita iniziai a baciarle il collo, il lobo dell’orecchio e con la lingua a ispezionarne l'interno.
Nessuna reazione…
Un pò deluso continuai comunque imperterrito.
A un certo punto Michela si staccò dal mio corpo e mi fece perentoria:
- Vieni con me!
2/3
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